Talento. Non ci sono tante parole da spendere circa il concerto di Lady Gaga e Tony Bennett all'Umbria Jazz Festival di Perugia se non tutte quelle che vertono attorno al significato di talento. Perché se da una parte abbiamo la certezza che un pezzo della storia musicale mondiale quale il veterano Bennett possa portare solo ed esclusivamente eleganza ed emozione, dall'altra c'era, c'è, l'incognita Gaga, colei che tutto osa spesso e volentieri superando le aspettative e talvolta peccando di presunzione.
Nel caso del "Cheek to Cheek Tour", tuttavia, non esistono note storte: e chi è pronto a godersi le due ore di spettacolo attendendo la sbavatura di Lady Gaga o una sua imposizione artistica azzardata è costretto a cospargersi il capo di cenere e a compiere atto di remissione dei peccati.
Già, perché stabilire una sintonia ed un pathos così evidenti e brillantemente azzeccati tra una giovane, rivoluzionare popstar ed un novantenne signore del jazz, non deve essere compito facile né, tanto più, ipotizzabile a tavolino.
Quando estro e talento si incontrano, signori e signore, quel che ne scaturisce è magia. Lady Gaga è stata, a mio parere, per la prima volta assolutamente perfetta nelle sue esibizioni in territorio italiano: quel che ha mostrato, al di là delle trasparenze, son state la voce e la voglia di mettersi in gioco, in discussione, rischiando ma con coraggio. E preparazione.
Le orecchie, ma soprattutto la pelle d'oca, ancora ringraziano.
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