Un sold-out prevedibile e quanto mai meritato per chi, con una carriera quasi ventennale alle spalle, non ha mai sbagliato un solo colpo o, per meglio dire, una sola nota: le due ore di concerto scorrono con la stessa velocità con cui si sceglie una playlist per i momenti migliori.
Niente chiacchiere, niente effetti speciali: tutto quello che serve è lì, su quel palco faraonico riempito dal talento indicibile di una band e del proprio leader che, una dopo l'altra, presentano al pubblico in delirio hit in successione come si trattasse di una catena di montaggio.
Adam Levine è l'effetto speciale dello show: lo è perché connaturato con la sua persona quello di essere semplicemente un capolavoro.
Impossibile non ricordare, e che Dio ci preservi per sempre dall'Alzheimer, la parte finale dello show, il tanto sospirato reprise in cui il divino Levine si denuda concedendosi alla folla senza t-shirt.
Ovviamente cantando con disinvoltura altre tre indimenticabile canzoni, altri tre successi planetari, ultimo dei quali il nuovo singolo "This summe's gonna hurt like a mother fucker". E, si, se davvero queste sono le premesse c'è da scommettere che questa estate ci riserverà parecchi colpi. Al cuore.
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